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Caposaldo Valle Stretta – BARDONECCHIA

Caposaldo Valle Stretta – BARDONECCHIA

Tempo di lettura: 6 minuti

Storia: la Valle di Bardonecchia, a partire dagli anni Trenta del XX Secolo, conobbe la più vasta estensione di opere fortificate del Vallo Alpino Settore Alpi Cozie.

Il gruppo “Guglia Rossa” era suddiviso in: Caposaldo Valle Stretta, Caposaldo Scala e Caposaldo Sueur.

Il caposaldo Valle Stretta, noto anche come Sbarramento delle Sette Fontane, fu realizzato nel 1938, poco dopo la centrale idroelettrica (micro centrale de Grange Vieille). Lo sbarramento aveva la funzione di contrastare  i nemici che si fossero infiltrati nel territorio italiano.

Dopo la modifica dei confini tra Italia e Francia sanciti dal trattato di pace del 1947, le opere sono diventate Francesi. Per questo motivo, la maggior parte delle stesse non ha subito interventi di demolizione.

 

Raggiunta Bardonecchia seguire le indicazioni per la frazione Melezet e proseguire fino al Pian del Colle (1443 mt) dove si parcheggia l’automobile nei pressi del Golf Club Pian del Colle. Si può decidere a questo punto di percorrere a piedi il sentiero che si trova prima del Golf , nei pressi del Campeggio Pian del Colle, o attraversare il ponticello nei pressi della centrale. Da qui, si segue un’esile traccia che in breve tempo, circa  10-15 minuti, sale velocemente in mezzo al ghiaione e ci permette di raggiungere il Centro 39. Quest’ultimo fu costruito intorno al 1934-1935 secondo i dettami della Circolare 200.

Davanti a noi la porta garitta dell’ingresso attivo, con in alto, sulla destra, il condotto per l’aerazione delle latrine, che si trovano appunto sulla destra nel corridoio. L’opera dopo una prima parte iniziale in calcestruzzo, risulta, successivamente, essere scavata in caverna. Svoltando sulla destra vediamo il deposito acqua con due serbatoi in eternit e poco più avanti, difeso sicuramente da una porta stagna, il locale del gruppo elettrogeno con la vasca della riserva del carburante.

Proseguendo perveniamo all’ingresso principale dotato di due aperture del condotto fotofonico verso il centro 39 bis e verso la Caserma XXVIII, che serviva per l’alloggiamento delle truppe.

Ingresso principale con le aperture dei condotti fotofonici

Ritornando indietro, raggiungiamo il ricovero, e successivamente la postazione dell’arma 1  che si trova per l’appunto al Livello 1 dell’Opera. La feritoia risulta sprovvista di piastra e si apre direttamente sulla roccia.

A questo punto torniamo al corridoio principale ed iniziamo a percorrere la lunga scala, priva del rivestimento in cemento.  A mio avviso, così, è ancor più affascinante: la scalinata pare non finire mai!!!

La prima rampa è costituita da 39 scalini e termina su un pianerottolo da quale si diparte, a sinistra, la diramazione per l’Arma 2. Quest’ultima era protetta da una porta stagna. Anche qui la feritoia non è corazzata e si apre direttamente sulla roccia. E’ la prima volta che riscontro una feritoia del genere. E’ presente il basamento dove veniva appoggiata la mitragliatrice e si notano i due anelli che servivano  per sostenere il tubo di distribuzione dell’aria al quale si attaccavano le mascherine che permettevano ai serventi, come in tutte le altre opere, di proteggersi dai gas tossici.

Ritorniamo alla scala, percorriamo altri 37 gradini, un pianerottolo ed altri 35 scalini. E’ incredibile lo sviluppo altimetrico.

Scala composta da 111 scalini

Al fondo è presente un corridoio in cemento che piega a sinistra, dove è ancor conservata la valvola di spurgo dell’acqua di condensa presente nelle tubazioni dell’aria. A questo punto, un bivio porta a destra all’uscita di soccorso dove ormai è impossibile uscire in quanto ostruita da terra e massi, a sinistra invece si raggiungono per mezzo di alcuni scalini le postazioni dell’arma 3 e 4. Queste ultime a differenza delle prime hanno la piastra corazzata  di protezione in tre parti.

Bivio a dx uscita di sicurezza a sx postazione per ami 3 e 4

Torniamo alla porta garitta e scendiamo da dove siamo arrivati.

Procediamo alla ricerca della postazione 3, che non riusciamo a trovare. Pertanto andiamo avanti sulla strada sterrata, in direzione del campeggio. Lì, sulla sinistra vediamo la postazione 111 completamente distrutta.

A questo punto, decidiamo di tentare di raggiungere il Centro 39 bis, un’opera in caverna alle pendici della Guglia Rossa. Lo abbiamo visto dal Centro 39, ma capire in quale zona del bosco addentrarsi non sarà così semplice. Pertanto cerchiamo un punto di riferimento e proviamo a salire nella fitta vegetazione un po’ a casaccio per poi arrivare in una zona dove è presente parecchio pietrisco franoso. Ogni passo che facciamo in avanti, ne andiamo come minimo, altri due indietro, ma non ci demoralizziamo.

Metro dopo metro, arriviamo sotto una parete verticale dove sono fissate due corde. L’ingresso attivo deve trovarsi lassù ma come fare per arrivarci? Andiamo dapprima sulla sinistra e ci arrampichiamo su qualche roccia, ma poi quella via non ci convince e pertanto torniamo dove ci sono le corde penzolanti e svoltiamo a destra. Saliamo ancor un po’ sul pendio ed ecco spuntare sulla sinistra la porta garitta. Superiamo qualche roccia liscia e finalmente siamo lì in alto a circa 1810 mt. Da qui si può godere dell’immenso panorama sulla Valle Stretta.

Porta garitta ingresso attivo

La porta garitta è dotata di tre feritoie. A fianco sulla destra è presente il condotto fotofonico. Procedendo nel corridoio si trovano, a destra il vano delle latrine ed il locale del gruppo elettrogeno. Dopo la porta stagna asportata, vediamo un serbatoio in eternit rovesciato, proveniente dal vano deposito dell’acqua.

Nel locale del gruppo elettrogeno sono presenti delle staffe semicircolari ed un tubo dell’acqua.

Successivamente compare la scala rivestita in calcestruzzo che sale dal corridoio d’ingresso al livello intermedio. Infatti, sulla sommità, dopo una porta stagna, un corridoio in roccia porta all’Arma 2. Solo la casamatta torna ad avere il rivestimento in calcestruzzo. Sono presenti le staffe per la tubazione dell’aria che veniva collegata alla maschera antigas, come in tutte le altre opere.

La piastra piana della postazione per mitragliatrice dell’Arma 2

Ritorniamo al corridoio centrale; una porta stagna proteggeva il ricovero composto da due locali, ovvero il camerone del ricovero truppa con una zona per il ricircolo dell’aria ed un’ulteriore stanza, adibita probabilmente a Posto Comando. Successivamente, per isolare il tutto, era presente un’ulteriore porta stagna. Procediamo avanti ed incontriamo una scala scavata nella roccia che ci conduce all’arma 1. La parere torna nuovamente ad essere rivestita di cemento in corrispondenza della casamatta.

Al di sotto della piastra piana, si vedono le staffe che supportavano il tubo di distribuzione dell’aria al quale si allacciavano le maschere antigas dei serventi e, a destra, il tubo per l’espulsione dell’aria viziata.

Usciamo dal Centro 39 bis, procediamo a piedi verso l’abitato di Melezet. Nei presso della Ferrata del Rouas, scorgo qualcosa di interessante: potrebbe trattarsi di ciò che vado cercando. Ecco il Centro 119: l’interno pare essere stato un dormitorio scavato nella roccia. Un lungo corridoio conduce dall’alta parte del malloppo, mentre al centro delle stesso è presente soltanto un ricovero con alcuni materiali particolari. Il luogo è molto umido per cui è necessario prestare molta attenzione.

Interno del centro 119

Dall’uscita, superiamo la strada e troviamo con molta fatica, vista la fitta vegetazione e i grossi massi, il Centro 116, che si trova sulla destra orografica del torrente. Con difficoltà si riesce ad entrare ma poi si è costretti a fare dietrofront in quanto, se non muniti di grossi stivali e correndo molti rischi, è impossibile proseguire. L’interno della fortificazione è invaso dall’acqua, che tra l’altro risulta essere limpidissima.

Un po’ delusa, anche per non aver avuto il tempo di informarmi bene su questo Centro 116, e quindi fallendo l’ultima “missione”, si ritorna all’auto.

 

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