Cima della Maledia – Cresta Sud-Est – Valle Gesso
Partenza: San Giacomo di Entracque (1200 mt)
Quota massima: Cima della Maledia (3061 m)
Dislivello: 1900 m circa
Difficoltà: AD-
Lunghezza: 22 km circa
Giro ad anello: si
Note Tecniche: salita su cresta con roccia ottima e difficoltà contenute. La cresta ha inoltre uno sviluppo contenuto. Consigliata corda da 30 m, friend e cordini.
Curiosità: la Cima della Maledia è una montagna delle Alpi Marittime. Maledia è un toponimo derivante dal latino “màlus”, ovvero male/maledetto. Il riferimento è legato all’aspetto difficile della montagna ma anche, così pare, da una leggenda popolare.
Accesso: dirigersi in Valle Gesso e superare l’abitato di Borgo San Dalmazzo e di Valdieri. Svoltare a sinistra verso Entracque. Circa 1 km dopo, seguire la strada sulla destra che conduce al lago artificiale della Piastra. Successivamente, lasciare la diramazione verso il Lago della Rovina e proseguire a sinistra per San Giacomo di Entracque, dove si lascia l’auto.
Zaino sulle spalle e si parte! Oggi il nostro percorso sarà piuttosto lungo, ma siamo psicologicamente preparati.
Da San Giacomo di Entracque prendiamo la strada asfaltata a sinistra che sale alle ex palazzine di caccia del Re (1250 m). Poco dopo, la strada che risale nel Vallone di Moncolombo, diventa sterrata.
Con diversi tornanti giungiamo al Gias dell’Aiera (1345 m) e successivamente al pianoro di Prà del Rasour (1395 m).
Percorso tutto il pianoro, attraversiamo il vallone sulla destra, per mezzo di un ponte in legno. Poco dopo, al bivio, teniamo la sinistra per proseguire sul sentiero M13, verso il rifugio Pagarì.
Superiamo il Rio Pantacreus e più avanti procediamo sul sentiero che, con ampie serpentine, si innalza. Sempre seguendo il sentiero giungiamo ad un grosso muraglione: il Passo Sottano del Muraion (2030 m).
Dopo lo stesso, il vallone si apre ed il grigio delle rocce si mescola con il verde dell’erba e l’azzurro del cielo.
Superiamo la Fonte dell’ultimo ontano verde (2225 m).
Poco più avanti incrociamo il bivio, dove una palina ci indica che dobbiamo svoltare a destra per raggiungere il Rifugio Pagarì.
Continuiamo a salire, passo dopo passo, mentre il caldo inizia a farsi insopportabile. Perveniamo in un punto dove sono presenti le indicazioni per il Passo del Pagarì ed il Rifugio Nizza. Le oltrepassiamo e qualche metro dopo, incontriamo un mucchio di pietre con sopra una bandiera italiana.
Ormai siamo in prossimità del rifugio. Ancora qualche passo ed eccolo lì, il Rifugio Federici-Marchesini al Pagarì (2627 m), dopo circa 2 h 50′ di cammino veloce.
Ci fermiamo una ventina di minuti, in compagnia degli amici e di Andrea, il gestore del rifugio soprannominato Aladar. Quattro chiacchere e si riparte.
Torniamo leggermente indietro, fino al primo bivio e svoltiamo a destra, per il Passo del Pagarì.
Imponente la Cima della Maledia con la sua parete nord-est. Purtroppo, del ghiacciaio del Pagarì non vediamo nemmeno l’ombra.
Possiamo però ammirare tutta la cresta che dovremo affrontare per raggiungere la Cima della Maledia.
Il cielo è di un azzurro intenso e non c’è una nuvola intorno. Pare davvero strano, che tra qualche ora, siano previsti temporali.
Raggiungiamo il Passo Pagarì posto a 2819 metri di altezza tra la Valle Gesso e la Valle della Gordolasca. Forse molti non lo sanno, ma nel XV secolo, il Passo Pagarì fu molto importante perché era una delle tante vie del sale che praticamente univa Cuneo a Nizza.
Interessante il fatto che la mulattiera che da San Giacomo arriva al Passo fu realizzata da un certo Paganino Dal Pozzo, detto il “Pagarì”. Quest’ultimo, oltre alla costruzione doveva provvedere alla manutenzione della strada ed in cambio riscuoteva la gabella del sale. Le cose però non andarono per il verso giusto e Pagarì andò sul lastrico.
Dopo, esserci immaginati, questi tempi ormai lontani, svoltiamo a destra, seguendo un labile sentiero che inizia ad innalzarsi e ci permette di raggiugere la Serra di Pagarì.
Percorriamo tutta la Serra del Pagarì che si presenta senza difficoltà. Ovviamente è necessario prestare molta attenzione in quanto sia a destra che a sinistra c’è il vuoto.
Nel tratto finale della Serre del Pagarì, volgo lo sguardo alla mia destra: piccolo piccolo, compare il rifugio Pagari ed il Lago della Maledia, con il suo color verde acqua intenso.
A sinistra invece, in territorio francesce, è possibile osservare Le Lac Long.
Raggiungiamo il primo risalto della cresta sud-est della Cima della Maledia.
Ora per cenge (2a/2b) saliamo in diagonale sul lato sinistro della cresta.
Raggiungiamo un diedro (passaggio di 4b), attrezzato con un cordone ed una fettuccia, (ci sono anche dei vecchi chiodi) lo superiamo pervenendo ad un buon punto di sosta.
Proseguiamo sul filo di cresta (2b), ed affrontiamo due placche (2c/3a).
Superiamo il primo spuntone (3a). Poi continuiamo in cresta ed oltrepassiamo il secondo e terzo spuntone (2a).
Scendiamo su una placca piuttosto liscia ed attacchiamo il quarto spuntone (3b), mentre già si intravede la croce di vetta.
Raggiugiamo nuovamente il filo di cresta e con facili passaggi siamo in vetta alla Cima della Maledia (3061 m).
Mangiamo qualcosa, perché abbiamo bisogno di recuperare le forze, ma due gocce di pioggia, ci avvisano che il temporale è imminente.
Pertanto, ci prepariamo ed iniziamo la discesa per la via normale. Inizialmente seguiamo alcuni ometti, ma poi li perdiamo di vista e quindi scendiamo cercando, dal punto in cui siamo, i passaggi migliori (2a).
Scesi dalla “pala della Maledia”, continuiamo per rocce e detriti (ex morena del Ghiacciaio della Maledia).
Il cielo si fa sempre più scuro, mentre noi raggiugiamo i Laghi Bianchi del Gelas (2549 m e 2501 m).
A 2549 m, le prime gocce di pioggia iniziano a vedersi sulla superficie del Lago.
Indossiamo la giacca antipioggia, il casco e proseguiamo il cammino. Mancano ancora 1200 m di dislivello quando inizia a grandinare. Il cielo inizia a farsi sentire con tuoni e lampi. In questi momenti, capisci la grandezza della natura in confronto alla piccolezza dell’uomo.
Procediamo con passo veloce, prestando però molta attenzione, perché le pietre e l’erba sono diventate scivolose. Siamo nel Vallone Pantacreus e seguiamo, imperterriti, il sentiero M20.
Dopo un’ora di pioggia mista a grandine, fa nuovamente capolino il sole.
Raggiungiamo così il bivio a 1600 m circa con cui si conclude il nostro anello e, superato il ponte, perveniamo al Gias del Vei del Bouc sottano ( 1430 m).
Comincia nuovamente a piovere ma noi, felici della nostra piccola impresa, percorriamo la strada fatta in precedenza e raggiungiamo, fradici, la nostra auto.