×

Narbona – VALLE GRANA

Narbona - VALLE GRANA

Narbona – VALLE GRANA

Tempo di lettura: 3 minuti

PARTENZA: Borgata Colletto 1272 m – ARRIVO: Narbona 1495 m – dislivello 238 m

tempo di percorrenza 1,30 h

In questo articolo vi vorrei raccontare di un luogo molto particolare che mi ha colpito profondamente quando a fine estate un mio caro amico mi ha accompagnato a vederlo: il paese di Narbona, un piccolo borgo occitano della Val Grana ormai abbandonato e disabitato dalle ultime famiglie circa 50 anni. Mi ha così colpito che ho letto diverse cose su questo luogo, visitato il museo a Colletto che racconta le tradizioni, le abitudini di queste valli, e spero presto di andare ancora al museo “Una casa per Narbona” a Campomolino.

Per arrivarci ci sono solo due sentierini impervi che la collegano con le altre frazioni intorno, probabilmente Proprio per le difficoltà di comunicazione che il paese è stato lasciato de finitamente nel 1962. Uno dei percorsi parte da campomolino e L’altro, che abbiamo scelto noi, dalla frazione di Colletto ed è soprannominato “Il sentiero dei Morti” perché veniva usato per trasportare fino al cimitero i defunti. Proprio per le difficoltà di comunicazione che il paese è stato lasciato de finitamente nel 1962.

La camminata è breve poco più di un’ora, pochissimo dislivello, presenta solo qualche tratto esposto attrezzato da corde per tenersi ma niente di pericoloso. Sicuramente è un sentiero da non fare con brutto tempo o con delle basse temperature perché alcuni tratti potrebbero essere scivolosi e/o ghiacciati, in inverno poi specialmente passando da Campomolino perchè è alto il rischio di valanghe.

Avendo fatto quest’escursione d’estate è stata una vera e propria scoperta perché la fitta vegetazione nasconde il borgo quasi fino all’ultimo,infatti si narra che fossero i catari provenienti dalla francia ad arrivare qui per primi nel 1200 forse per nascondersi.

 

Arrivando si respira un irreale silenzio fra le rovine, oramai pochissimi edifici sono ancora intatti e quindi entrare fra i resti delle case è pericoloso per il rischio di crolli, comunque rimangono ancora abbastanza in buono stato la chiesa ed alcune case in cui sono state attuate in parte delle opere di conservazione. Le case, esempi tipici di architetture alpina, erano costruite su tre piani: la stalla al piano terra, dove insieme agli animali nei mesi freddi soggiornavano anche le persone, l’abitazione nel piano mezzano e il pagliaio nel sottotetto come ulteriore mezzo per riparare la casa dalle basse temperature. Esisteva una scuola, in cui nel periodo fascista il maestro veniva pagato il doppio per insegnare visto che era bloccato li insieme a tutti gli abitanti per tutto l’inverno e fra le case abbiamo scoperto anche un forno comune dove veniva fatto cuocere a turno il pane. Nel suo momento di maggiore sviluppo, verso la fine del 800, Narbona contava 144 persone e quasi 200 capi di animali di allevamento e domestici. A vedere ora quello che ne è rimasto sembra impossibile anche solo pensare che così tante persone potessero riuscire ad abitarci.

Certo starete pensando che assurdo che pubblichi ad ottobre un percorso che non si può fare d’inverno, ma ammetto che non l’ho scritto prima perché volevo preservare Narbona. Perché sempre più spesso, in alcune mie escursioni anche solo fotografiche in luoghi abbandonati (mi dedico anche alla fotografia URBEX oltre che di paesaggio) mi rendo conto che molte volte questi diventano meta di visite non così attente che hanno a volte altri scopi che non sono il riscoprire angoli nascosti delle nostre valli in cui la gente lottava per la sopravvivenza nei mesi invernali e viveva in modo totalmente diverso accontentandosi di piccoli raccolti di patate, castagne e segale strappati a forza dal terreno impervio intorno alle loro case. Succede infatti che in questi luoghi dove bisognerebbe lasciare solo impronte nella polvere, molti vanno tristemente in cerca di qualcosa da portarsi a casa come souvenir o per rovinare il poco rimasto.

In conclusione penso che Narbona doveva essere un posto magico, vorrei che provaste come ho fatto io ad immaginare nascoste tra gli alberi questo gruppo di case su un versante così ripido che non vi sembra nemmeno possibile che possano stare in piedi, tutte addossate le une alle altre, come per sostenersi ,starsi vicino, con piccoli sentierini che li dividono e tanti scalini che attraversano su e giu la piccola frazione. Ne sono convinta che fosse bello vivere qui con questo panorama, il rumore dell’acqua dei ruscelli vicini, del vento che attraversava le foglie degli alberi, e essere così tante famiglie in poca distanza da sembrare essere quasi una sola.. e capisco il nome che gli era stato dato Arbouna che in occitano significa “grande albero”.

Fonte Nakture.com

 

Condividi